La disabilità non va ignorata, e non va sottratta agli occhi e alle coscienze delle persone. Per questo raccontare la “disabilità” diventa per me un modo per portarla fuori da certe stanze chiuse e comunicare lo sforzo, che è in sé positivo, di affrontare la vita quando ti mette davanti scalini molto molto grandi. La gente comune, se vede un “disabile” che ci prova, sente più empatia rispetto a un “disabile” che si lamenta. E se si è avvicinata al problema facendo esperienze positive, poi diventa più attenta anche al lamento. Credo che le persone possano entrare in empatia con la condizione di disabilità non perché vengono bombardate da immagini di persone inermi e incapaci. Sono convinto invece che l’umanità progredisca, attraverso pratiche costruttive, esperienze di condivisione tra persone, esempi positivi, immagini poetiche, attraverso il sogno, l’immaginazione e anche l’utopia.